La crescita verde? Un bluff, bisogna cambiare paradigma

L’ultimo rapporto dello European Environmental Bureau – EEB, ritiene prioritario non più aumentare, ma ridurre la produzione di beni e servizi, soprattutto nei paesi ricchi. L’efficienza è importante, ma più importante dev’essere la sufficienza. In parole povere, dobbiamo recuperare un senso del limite individuale e collettivo.
Al PeR Il Parco dell’Energia Rinnovabile lo diciamo da oltre dieci anni e lo mettiamo in pratica ogni giorno.
Per questo abbiamo dato vita alla FAIR TECH REVOLUTION, la tecnologia giusta per noi e per il pianeta.
La “crescita verde” non slaccia il progresso economico dal degrado ambientale e dal prosciugamento delle risorse, non riduce significativamente i rischi ambientali e la miseria ecologica.
Il rapporto dimostra come l’entusiasmo dei sostenitori della “crescita verde” sia frutto di «una sostanziale finzione statistica», e indica almeno sette ragioni per essere scettici riguardo al verificarsi di un disaccoppiamento assoluto e sufficiente nel futuro.
1) Si va incontro a un aumento della spesa energetica: l’estrazione di risorse  diventa più costosa man mano che le scorte si esauriscono, con conseguente aumento della pressione sull’ambiente.
2) Poi ci sono gli effetti rimbalzo: i miglioramenti nell’efficienza sono spesso compensati, del tutto o in parte, da un utilizzo dei risparmi per aumentare i consumi nello stesso settore o in altri. Non è raro, ad esempio, che un’auto a basso consumo venga utilizzata più spesso, o che il denaro risparmiato alla pompa di benzina sia speso in un viaggio aereo che altrimenti non ci si poteva permettere.
3) Soluzioni tecnologiche a un problema ambientale possono crearne di nuovi o esacerbarne altri.
4) Impatto sottostimato dei servizi, che poggiano su un’economia reale: la loro impronta ecologica si somma alla produzione materiale, non la sostituisce.
5) Oggi si ricicla poco.
6) Cambiamenti tecnologici insufficienti e inappropriati sono alla base di una direzione sbagliata del progresso tecnico, troppo poco interessato ai fattori che contano per la sostenibilità ecologica, poco dirompente e non abbastanza veloce.
7) Le analisi più ottimistiche non prendono in considerazione il cost shifting, cioè l’esternalizzazione dell’impatto ambientale in altri paesi, favorita dalle regole del commercio internazionale.
 
Al PeR ci siamo svincolati dall’idea di crescita verde e  «abbiamo iniziato mettendo in discussione la cieca fiducia che la società ripone nel progresso tecnologico e abbiamo proseguito riesplorando il potenziale delle conoscenze e delle tecnologie passate, spesso dimenticate ma utilissime quando si tratta di progettare una società sostenibile» spiega Alessandro Ronca, direttore scientifico del PeR.

«Ed è emersa l’enorme potenzialità della combinazione tra tecnologie passate, nuove conoscenze e materiali, nonché dell’applicazione di concetti antichi e conoscenze tradizionali alla tecnologia moderna. Per procedere in questa direzione non servono microprocessori ultraveloci, mezzi di trasporto da 200 cavalli, connettività all’ennesima potenza e schermi video da 8k di risoluzione. Occorre una vera rivoluzione “giusta per il pianeta” – aggiunge Ronca, affiancato dai collaboratori più stretti, Chiara Flugy Papè e Maurizio Ferrario – e noi siamo pronti a farla. Stabilendo i limiti e i confini allo sviluppo, proporzionato alle risorse disponibili e rigenerabili; consolidando i traguardi raggiunti sfruttando la collaborazione e l’intelligenza collettiva; creando connessioni partecipative tra le molteplici realtà nel nostro paese in giro per il mondo che credono e lavorano nella sostenibilità in pratica, non in sola teoria».

«Una ricetta che sfrutta il semplice buonsenso, l’efficienza energetica e la logica applicazione dei principi fisici, chimici e biologici delle scienze che abbiamo studiato sui banchi di scuola, ma che la società della crescita infinita ci ha fatto completamente dimenticare».

Al PeR si parte già da una struttura che ha completa autosufficienza idrica grazie al recupero dell’acqua piovana, che utilizza sistemi di riscaldamento e raffrescamento passivi, che conta su spazi idonei alla ricerca e alla progettazione nel campo delle energie rinnovabili e dei sistemi sostenibili, che vede laboratori attrezzati per realizzare prototipi e che ha camere e dotazioni adeguate per ospitare singoli e gruppi.

«Sì, siamo prontissimi e siamo partiti – aggiunge Ronca – È così che vediamo il futuro del PeR; non chiusi in noi stessi ma aperti al mondo, sperimentando la tecnologia che migliora “veramente” la nostra vita e rispetta la base biologica dell’esistenza: non schiavi, ma protagonisti attivi e registi».

Non più, dunque, progresso tecnologico finalizzato ai mercati e alla speculazione economica, bensì una realtà “bioeconomica” che si concentri, per esempio, sulla non produzione dei rifiuti, sul non consumo di energia, sul risparmio di risorse, che non è sacrificio ma un nuovo umanesimo.

«Qui al PeR vogliamo continuare a ispirare nelle persone il desiderio e il piacere di cambiare, ma con una nuova prospettiva, ancora più pratica, etica, sostenibile per tutti e da tutti, anche perché non è la Terra che appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla Terra. Per questo diamo il via anche a un’attività organica di formazione che diventerà uno dei nostri punti di forza, con corsistica identitaria (QUI IL CALENDARIO DI TUTTI I NUOVI CORSI), soggiorni di ricerca e sperimentazione e laboratori esperienziali di costruzione».